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<<< Precedente - Successivo >>> A cosa può tendere la x? ♦ Prima situazione ♦ Una prima possibilità che affrontatiamo è quando x tende ad un valore reale xₒ del Dominio o un suo valore estremo: x → xₒ In gergo matematico, si dice che la x Se la x converge ad xₒ, vuol dire che la x appartiene ad un qualunque intorno di xₒ; e questo infatti vuol dire che deve esser vicinissimo ad xₒ, senza necessariamente coincidere con esso. x ∈ I ( xₒ, R ) ∀ R Dove il raggio R può esser un qualunque numero reale positivo, anche piccolissimo: per questo motivo lo indichiamo con la lettera greca minuscola δ (delta).
In altri termini: se anche il raggio fosse piccolo quanto vogliamo, comunque x apparterrebbe all'intorno di xₒ. | x − xₒ | < δ O analogamente: xₒ − δ < x < xₒ + δ La distanza tra x e xₒ deve essere più piccola di ogni qualunque soglia variabile… in pratica deve esser appiccicato a xₒ! ♦ Seconda situazione ♦ Può accadere anche una situazione diversa, ossia che il limite di x non sia un valore finito, ma infinito: x → ∞ Si dice in questo caso che la x In questo caso, invece di avvicinarsi sempre più ad un valore reale xₒ, la x si allontana sempre più dai valori che normalmente assume, il suo valore assoluto diventa sempre più grande; per la precisione:
Se non viene indicato il segno, vuol dire che stiamo considerando entrambi i casi. Se x tende ad infinito, non possiamo più dire che appartiene ad un intorno di un determinato valore; possiamo però osservare che la x si "avvicina sempre più ad infinito": e l'unico intorno a cui può appartenere, è un intorno di infinito: x ∈ I ( ± ∞ ) Possiamo definire un parametro c positivo, da usare come valore soglia (in modo analogo al raggio δ usato prima).
In questa situazione, per quanto grande possa esser c, vogliamo che x sia ancora maggiore. Questo vuol dire che, affinché x tenda a +∞ si ha: x ∈ I(+∞) ⇒ x > c a prescindere da quanto grande sia c. In altre parole, x deve andare oltre c, allontanarsi dallo zero, il più possibile: se c è grande a piacere e x > c, allora x deve esser ancora più grande! Analogamente, affinché x tenda a −∞ si ha: x ∈ I(−∞) ⇒ x < −c per un altro valore di c. Quindi x deve diminuire il più possibile: se c è grande a piacere, −c è altrettanto piccolo a piacere, e se x < −c, allora x deve esser ancora più piccolo! ^ A cosa può tendere la funzione? Anche per i valori della funzione, ossia le y = ƒ(x), possiamo fare un ragionamento analogo a quello affrontato per le x. ♦ Prima situazione ♦ Per prima cosa vediamo quando il limite di una funzione è un valore L, ossia quando i valori della funzione convergono ad L. ƒ(x) ∈ I ( L, R ) ∀ R E anche qui il raggio R può esser un qualunque numero reale positivo, anche piccolissimo: in questo caso lo indichiamo con la lettera greca minuscola ε (epsilon), per non confonderlo con il raggio sulle x.
Quindi se anche l'intorno di L fosse piccolo quanto vogliamo, comunque ƒ(x) apparterrebbe a tale intorno. | ƒ(x) − L | < ε O analogamente: L − ε < ƒ(x) < L + ε La distanza tra ƒ(x) e L deve quindi essere più piccola di un numero piccolo a piacere! ♦ Seconda situazione ♦ Ovviamente può verificarsi anche una situazione diversa, cioè che i valori della funzione divergano ad infinito, quindi che il limite della funzione sia infinito. ƒ(x) → ±∞ La funzione in questo caso, invece di avvicinarsi sempre più ad un valore reale L, si allontana sempre più dai normali valori che assume, in particolare si "avvicina sempre più ad infinito": e l'unico intorno a cui può appartenere, è un intorno di infinito:: ƒ(x) ∈ I ( ± ∞ ) Con le stesse considerazioni che abbiamo fatto per la x. Definiamo un parametro M positivo, da usare come valore soglia per i valori della funzione.
Quindi possiamo usare M per esprimere i limiti della funzione; affinché ƒ(x) tenda a +∞ si ha: ƒ(x) ∈ I(+∞) ⇒ ƒ(x) > M per qualunque valore di M. In altre parole, ƒ(x) deve diventare sempre più grande: infatti se M è grande a piacere e ƒ(x) > M, allora ƒ(x) deve esser molto molto grande! Analogamente, affinché ƒ(x) tenda a −∞ si ha: ƒ(x) ∈ I(−∞) ⇒ ƒ(x) < −M smpre per qualunque valore di M. Quindi ƒ(x) esser un numero negativo molto piccolo: se −M è un numero negativo piccolo a piacere, e se ƒ(x) < −M, allora ƒ(x) deve esser ancora più piccolo! ^ Casi possibili In conclusione possiamo possiamo definire in modo formale (e ufficiale) il limite di una funzione, a seconda che esso sia finito o infinito, e per x che tende ad un valore finito o infinito. Ogni definizione di limite è può essere espressa come una implicazione, in cui si parte da una condizione per arrivare ad un'altra:
La definizione del limite nei suoi vari casi ci serve anche per la sua verifica: 1° caso:
Tale limite si scrive così: E corrisponde alla situazione: ƒ(x) ∈ I(Lₒ, ε) ⇒ x ∈ I(xₒ, δ) 2° caso:
Tale limite si scrive così: E corrisponde alla situazione: ƒ(x) ∈ I(∞) ⇒ x ∈ I(xₒ, δ) 3° caso:
Tale limite si scrive così: E corrisponde alla situazione: ƒ(x) ∈ I(Lₒ, ε) ⇒ x ∈ I(∞) 4° caso:
Tale limite si scrive così: E corrisponde alla situazione: ƒ(x) ∈ I(∞) ⇒ x ∈ I(∞)
^ Teoremi sui limiti Vediamo infine alcuni teoremi che ci aiutano a chiarire meglio le proprietà dei limiti.
Come abbiamo visto, il limite di una funzione indica un valore a cui la funzione si afficina definitivamente, sempre più; quindi non può avvicinarsi sempre di più a due valori distinti: per quanto possano esser vicini, ad un certo punto la funzione, per potersi avvicinare ad uno dei due, dovrà iniziare ad allontanarsi dall'altro; di conseguenza sono uno dei due valori può esser considerato il limite della funzione. Se questo non accade, allora diciamo semplicemente che la funzione non ammette limite.
Questo teorema ci garantisce che il confronto tra due funzione viene conservato anche quando si passa al limite; inoltre questo teorema permette di stimare il limite di una funzione complicata, ragionando sul limite di funzioni più semplici; in particolare:
Ossia: se una funzione diverge a +∞ sicuramente anche una funzione maggiore divergerà a +∞. Un altro risultato importante è il seguente:
E cioè: se una funzione g è vincolata tra due funzioni f e h, e queste due funzioni tendono allo stesso limite L, allora necessariamente anche la funzione g dovrà tendere al limite L. ^ |
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