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Continuità di una funzione


Il concetto di continuità di una funzione è strettamente legato al concetto di limite visto nell'introduzione.

Abbiamo visto come il limite sia un "valore stimato" della funzione, supposto in base allo studio dei valori limitrofi; e abbiamo osservato come questa stima ci aiuti a capire l'andamento della funzione, sebbene possa capitare che non sia coerente con il valore preciso in quel punto; altre volte capita che il valore della funzione non esiste proprio, per cui lo studio del limite serve a fornirci un valore che nella realtà della funzione non esiste.

Fortunatamente non sempre accade questo: in genere ogni funzione che studiamo è facilmente "prevedibile", in quanto il valore della funzione in ogni suo punto va abbastanza d'accordo con i valori a lui vicino; e se facciamo variare poco poco la x, ci aspettiamo che anche la y non vari molto.

Una funzione ƒ è continua in un punto x₀, se:

  1. x₀ fa parte del Dominio della funzione;
  2. esiste ed è finito il limite L della funzione per x → x₀;
  3. tale limite coincide con il valore della funzione:
    L = ƒ(x₀)

In altre parole, se il valore della funzione in x₀ è simile a quelli dei valori vicini ad x₀, allora avvicinandoci sempre di più ad x₀, i valori della funzione si avvicineranno sempre di più ad ƒ(x₀).

Le tre condizioni elencate nella definizione sono tutte fondamentali:

  • la prima condizione ci assicura che possiamo calcolare ƒ(x₀), in quanto x₀ ∈ D;
  • la seconda ci dice che la funzione converge ad un limite L, un numero reale;
  • la terza, appoggiandosi alle prime due, fornisce la condizione di continuità: ƒ(x₀) = L

Possiamo generalizzare e dire che:

Una funzione ƒ è continua in un intervallo I, se è continua in ogni punto x₀ di tale intervallo.

e anche:

Una funzione ƒ è continua in tutto il Dominio, se è continua in ogni punto x₀ del suo Dominio.

Come possiamo riconoscere una funzione continua? Dal punto di vista grafico è semplicissimo: una funzione continua si disegna dal suo estremo sinistro al suo estremo destro senza interruzioni.

Anche dal punto di vista algebrico non è difficile studiare la continuità, come descritto nello studio dei punti di discontinuità.

Come ultima cosa, possiamo definire la continuità da destra o da sinistra, nel caso in cui il limite studiato sia per l'appunto un limite da destra o da sinistra:

  • una funzione è continua da destra se le ipotesi di continuità valgono solo per x → x₀⁺, ossia che si avvicinano ad x₀ partendo da valori maggiori di esso;
  • una funzione è continua da sinistra se le ipotesi di continuità valgono solo per x → x₀⁻, ossia che si avvicinano ad x₀ partendo da valori minori di esso.
  • una funzione è continua in generale se le ipotesi di continuità valgono per ogni x → x₀.

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Teoremi sulle funzioni continue


Vediamo ora alcuni teoremi, utili a capire perché sono importanti le funzioni continue, quali proprietà verificano.

Teorema di Weierstrass

Sia ƒ una funzione continua in un intervallo chiuso e limitato [a, b]; allora esistono due valori x₁ e x₂ in tale intervallo, per i quali ƒ(x₁) è il valore massimo in tutto l'intervallo e ƒ(x₂) è il minimo.

Osservazione: nel caso particolare in cui la funzione sia costante, allora x₁ = x₂.

Questo è uno dei teoremi più noti in analisi; la sua utilità non è fine a se stessa, ma ci permette di arrivare ad altri teoremi molto importanti.

Il teorema di Weierstrass afferma l'esistenza di un valore massimo e un valore minimo per l'insime immagine della funzione, cosa che sembrerebbe scontata, ma non lo è: infatti l'insieme immagine potrebbe non esser un intervallo limitato, quindi i suoi estremi potrebbero non esser valori reali; ciò che è scontata è la presenza di un estremo superiore e di un estremo inferiore, ma tali valori non necessariamente sono massimo e minimo, come abbiamo visto nella pagina introduttiva.
Tuttavia, se la funzione è definita su [a, b], allora il fatto di esser continua ci garantisce che anche l'insieme immagine sia un intervallo chiuso e limitato, ossia un insieme del tipo [c, d], dove c e d sono appunto valori che racchiudano tutte le immagini ƒ(x); tali valori c e d saranno quindi il valore massimo e minimo della funzione.

Teorema di permanenza del segno

Sia ƒ una funzione continua in un intervallo chiuso e limitato [a, b] e sia x₀ ∈ (a, b); allora esiste almeno un intorno di x₀, in cui la funzione assume lo stesso segno di ƒ(x₀).

Questo teorema spiega che, se una funzione è continua, non possiamo avere due punti consecutivi di segno diverso: se in un x₀ la funzione è ad esempio positiva, allora non può accedere che x₀ sia l'unico punto in cui la funzione è positiva: vicino a lui ci saranno altri (infiniti) punti in cui la funzione continua ad esser positiva.
Analogamente se in x₀ la funzione ha valore negativo, esisterà sicuramente almeno un intorno di x₀ in cui la funzione rimarrà negativa.

Teorema dei valori intermedi

Sia ƒ una funzione continua in un intervallo chiuso e limitato [a, b] e siano m il valore minimo della funzione ed M il valore massimo; allora la funzione assume tutti i possibili valori compresi tra m ed M.

Il teorema di Weierstrass ci assicura che il massimo e il minimo della funzione esistono; questo teorema ci fornisce una proprietà ulteriore, ossia che l'immagine della funzione non ha buchi o interruzioni: se y₀ è un valore compreso tra il minimo e il massimo, allora è un'immagine della funzione, ossia esisterà almeno un x₀ ∈ [a, b] tale che ƒ(x₀) = y₀.

Teorema di esistenza degli zeri

Sia ƒ una funzione continua in un intervallo chiuso e limitato [a, b]; se ƒ(a) e ƒ(b) hanno segno diverso, allora esiste almeno un x₀ ∈ (a, b) tale che ƒ(x₀) = 0.

Quest'ultimo teorema è importantissimo, in quanto ci spiega un modo per studiare l'esistenza di uno zero per la funzione; infatti ogni funzione continua ha questa proprietà: se assume due segni differenti per due x differenti, allora necessariamente tra di essi dovrà valere zero; detto in altro modo, è impossibile che una funzione continua passi da valori negativi a positivi (o viceversa) senza attraversare l'asse x, e quindi senza mai valere zero.

Osservazione: questo teorema ci garantisce l'esistenza degli zeri, ma non ci dice esattamente quali sono o come trovarli; tuttavia da questo teorema possiamo quindi ipotizzare l'esistenza degli zeri, sulla base del segno della funzione: se riusciamo a trovare due x per le quali la funzione ha segno opposto, allora tra di esse vi sarà almeno uno zero della funzione.

Introduciamo ora il teorema di De L'Hospital, un teorema che permette di risolvere le forme indeterminate razionali (∞ ∶ ∞ e 0 ∶ 0) applicando il calcolo delle derivate. Di conseguenza non si studia insieme ai limiti e alle forme indeterminate, ma si introduce molto dopo.

Per comodità in queste pagine lo descriviamo insieme allo studio dei limiti.

Teorema di De L'Hospital

Consideriamo due funzioni f e g, continue e derivabili in un intervallo chiuso e limitato [a, b], con g' non nulla in tutto l'intervallo, e un valore x₀ in (a,b).

Se il limite del rapporto f / g per x → x₀ porta ad una forma indeterminata ∞ ∶ ∞ oppure 0 ∶ 0

allora il limite del rapporto f / g equivale al limite del rapporto f' ⁄ g'.

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Punti di discontinuità


Il primo passo per studiare la continuità è analizzare il Dominio della funzione: i punti in cui il Dominio si interrompe possono produrre discontinuità della funzione. Ricordiamo che una funzione ƒ è continua in un punto x₀, se:

  1. x₀ ∈ D
  2. ∃ L = 𝓁𝒾𝓂 ƒ(x),   per x → x₀
  3. L = ƒ(x₀)

Uno degli studi più utili per determinare la continuità di una funzione è lo studio dei punti di discontinuità, ossia quei punti del Dominio, o estremi del Dominio, in cui la funzione non è continua.

Partiamo con il dire che le funzioni che si studiano a scuola sono quasi sempre continue in quasi tutti i loro punti; ad esempio tutte le funzioni polinomiali sono continue su tutto ℝ, così come anche il seno, il coseno e l'esponenziale; al contrario funzioni che hanno un Dominio con interruzioni (come alcune frazioni, la tangente e la cotangente) sono discontinue in tali punti.

Possiamo classificare i punti di discontinuità in tre tipi diversi, a seconda di come si comportano in relazione alla definizione di continuità.

  1. Discontinuità di 1° tipo, detta di salto, se il limite da sinistra e da destra esistono e sono finiti, ma diversi tra loro: la differenza tra questi due valori limite è chiamata appunto il salto della funzione.
    Esempi tipici in cui si verifica questa situazione sono le funzioni definite per casi, ossia quelle funzioni formate da più espressioni che dipendono dalla x che scegliamo; una funzione definita per casi è un collage di pezzi di funzione, quindi è naturale che talvola questi pezzi non si colleghino bene tra loro.
  2. Discontinuità di 2° tipo, detta asintotica, se il limite da sinistra o da destra non esistono oppure non sono finiti: la retta x = x₀ è chiamato asintoto verticale della funzione.
    Esempi tipici in cui si verifica questa situazione sono le funzioni fratte: le condizioni di esistenza di una frazione portanto spesso a limiti infiniti, e questi in genere provocano asintoti verticali, come vedremo meglio nello studio degli asintoti.
  3. Discontinuità di 3° tipo, detta eliminabile, se il limite da sinistra e da destra esistono, sono finiti e uguali tra loro: tale discontinuità è chiamata eliminabile proprio perché sono verificate quasi tutte le condizioni necessarie per la continuità: gli unici ostacoli possono esser che x₀ non appartenga al Dominio, o che in esso la funzione abbia un valore diverso dai due limiti.
    Esempi tipici in cui si verifica questa situazione sono i limiti notevoli o le funzioni fratte semplificabili: sebbene ci siano si debbano mettere le condizioni di esistenza, il poter semplificare la frazione rende la funzione potenzialmente continua; tuttavia non possiamo considerare x₀ nel Dominio, in quanto le condizioni rimangono anche dopo la semplificazione.

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